Se si vuole far uscire dal territorio della Repubblica Italiana un bene culturale, quale individuato all’art. 65, comma 3, del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, presentando al competente Ufficio di Esportazione l'apposita denuncia al fine di ottenere l'attestato di libera circolazione, la normativa (ai sensi ex art. 70 del D.L.gs 22.01.04) prevede la possibilità che l'Ufficio di Esportazione possa sospendere il rilascio dell'attestato e proporre alla Direzione generale competente l'acquisto del bene al prezzo dichiarato dal proprietario nella denuncia. In tal caso il termine per il rilascio dell'attestato è prorogato di sessanta giorni.
La Direzione generale competente, se valuta che l'oggetto sia meritevole di essere acquistato per le collezioni dello Stato e che quindi non debba uscire dal territorio italiano, emana un decreto di acquisto coattivo che viene notificato ai proprietari dei beni entro il termine perentorio di 90 giorni.
Finché non interviene la notifica del decreto i beni rimangono in custodia presso l'Ufficio di Esportazione e il proprietario ha la facoltà di ritirare la richiesta di esportazione.
L'importo, pari al prezzo dichiarato, viene liquidato all'avente diritto una volta che i beni siano stati trasferiti presso la sede del Ministero preventivamente individuata.
Gli atti emessi dall'Amministrazione possono essere impugnati attraverso ricorso giurisdizionale avanti il T.A.R. competente per territorio, secondo le modalità di cui alla Legge 6.12.1971, n. 1034, o attraverso ricorso straordinario al Capo dello Stato, ai sensi del D.P.R. 24.11.1971, n. 1199, rispettivamente entro 60 o 120 giorni dalla data di notificazione dell'atto.