Sino al 29 Aprile 2009 a
Udine, presso la galleria fotografica Tina
Modotti, resterà aperta la mostra fotografica
"Uomini & Cose" -
Fotografie di Ugo Pellis.
Nel Dicembre del 1932, Ugo Pellis inizia un
lungo viaggio di ricerca attraverso la Sardegna, che lo porta, nel
volgere quasi ininterrotto di tre anni, a indagare sistematicamente
la struttura e le peculiarità della lingua sarda, per la
stesura del celebre Atlante Linguistico Italiano. Nel corso del suo
lavoro «nobilissimo ma gravissimo», insieme alla moglie
Nelda, il filologo friulano visita 123 località diverse
dell'Isola, percorrendo a piedi, sul dorso di muli e sulle
traballanti ruote d'una Balilla donata dal Duce, migliaia e
migliaia di chilometri, col suo carico di album d'illustrazioni, di
questionari filologici, di taccuini da campo e di carte
geografiche, che lo fanno spesso apparire agli occhi della gente un
personaggio misterioso e buffo.
Nel suo bagaglio anche un corredo di lastre
fotografiche (poi di pellicole) utilizzate per ritrarre la
realtà che circonda il suo universo di parole: uomini e cose
che, nell'immaginario dello studioso educato a Vienna e a Innsbruck
si configurano all'inizio, come una sorta campionario di
archetipi della «mediterraneità»
Durante i tre anni di lavoro, un po' alla volta, il contatto umano
e la quotidiana indagine filologica gli permettono di capire la
cultura sarda, sempre più dall'interno. Le sue fotografie
fanno così il paio con i meticolosi questionari linguistici
che egli impartisce alle centinaia di suoi informatori: ne
scaturisce un ritratto di enormi proporzioni documentarie in cui
immagini di un nitore talvolta inerme, e apparentemente prive di
intenti decorativi, riproducono il contesto lessematico e
l'articolazione interna del sistema/cultura ricalcandolo idealmente
sul sistema/lingua che emerge dal lavoro di ricerca sul campo,
attraverso il quale compone il suo Atlante.
Nella sua fotografia di «uomini e
cose» c'è però molte volte qualcosa di
più di un ritratto: c'è il gusto di mettere in
rapporto fra loro i volumi e le forme; c'è il tentativo di
restituire le sensazioni prodotte dai paesaggi; c'è la
ricerca dell'inquadratura capace di rivelare come le piccole cose
rimandino alle grandi, in un gioco sorprendente di
miniaturizzazioni culturali; c'è l'assonanza fra l'immagine
fotografica e il mondo della poesia e dell'arte; c'è la
compassione per il mondo degli umili «che con tutto il loro
gergo furbesco non han trovato il modo d'ingannare la miseria, che
li sospinge raminghi di piazza in piazza, di strada in strada, di
stalla in stalla per un tozzo di pane»; c'è il
tentativo di ritrarre l'antico asserragliato nelle sopravvivenze e
il moderno che inesorabilmente avanza; c'è il gusto di
ritrarre il «bello» di un mondo popolare che egli sente
dolorosamente prossimo al tramonto, c'è -in poche parole-
oltre al documento, l'arte.
L'esposizione ideata e organizzata dal Museo
delle Culture di Lugano è il quarto appuntamento del ciclo
«Esovisioni» dedicato alle peculiarità e ai
caratteri della visione delle culture nell'opera dei grandi
fotografi del Novecento. Al progetto di ricerca e al progetto
espositivo hanno partecipato la Città di Udine, la
Città di Cagliari, l'Istituto per l'Atlante linguistico
italiano dell'Università degli Studi di Torino, la
Società filologica friulana di Udine, l'Associazione
«vicino/lontano» di Udine».