Il mito della “Germania, terra della musica” fu un pilastro fondamentale della costruzione culturale del nazionalsocialista che si appropriò della musica, come di ogni ambito del sapere e delle arti, piegando tutto alla propria violenta ideologia. Ubbidendo alle leggi raziali, i compositori di origine ebraica furono ridotti al silenzio e le musiche “degenerate”, come il jazz, furono proibite. Ma la musica giocò un ruolo importante anche nei campi di concentramento, come macabra “colonna sonora” delle attività dei deportati, ma anche come possibilità di sopravvivenza e addirittura come gesto di resistenza.
Il reading Musica che accompagna la morte. Musica che salva la vita - organizzato dal Gruppo di Volontari Pavesi di Terre des Hommes Italia, in collaborazione con la Biblioteca Universitaria, e con il gruppo teatrale Collezione teatrica Netsuke - unisce le memorie dei sopravvissuti e brani letterari ad ascolti musicali significativi, per dare un quadro delle molteplici e contraddittorie funzioni che la musica svolse negli anni della dittatura, strumento di sopraffazione da una parte, ancora di salvezza dall’altra. Perché: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario” (Primo Levi).
A cura della Collezione teatrica Netsuke. Esecuzioni musicali a cura di Marco Panizza.